Nel mondo dell’ultra trail e del trail running, esistono sessioni di allenamento che mettono alla prova non solo il nostro corpo, ma soprattutto la nostra mente. Momenti in cui ogni passo diventa una battaglia, ogni respiro una conquista, e la tentazione di mollare si fa più forte della determinazione a continuare!
Eppure, sono proprio questi allenamenti durissimi che forgiano i veri trail runner, trasformando la sofferenza in forza e la fatica in resistenza mentale.
La capacità di affrontare e superare gli allenamenti e le gare più impegnative non è solo una questione di talento naturale o di preparazione fisica: è una tecnica che si può imparare, una competenza che si può sviluppare attraverso strategie specifiche e un approccio metodico.
In questa guida, vedremo insieme tutti gli aspetti che rendono possibile non solo sopravvivere, ma eccellere durante le sessioni più dure del nostro piano di allenamento.
Perché alcuni allenamenti sembrano (e sono) più duri di altri
Per prima cosa, ribadiamo come la percezione della fatica non sia mai casuale nel mondo del trail running. Esistono infatti fattori oggettivi e soggettivi che rendono certi allenamenti particolarmente impegnativi, e comprenderli è il primo passo per affrontarli con successo.
Dal punto di vista fisiologico, gli allenamenti ad alta intensità o di lunga durata sottopongono il nostro organismo a stress metabolici significativi. Durante le sessioni di soglia anaerobica o gli allenamenti in salita ripetuti, i nostri muscoli accumulano lattato, il sistema cardiovascolare lavora al massimo delle sue capacità, e il sistema nervoso centrale viene sollecitato in modo estremo. Il debito di ossigeno che si crea durante questi sforzi genera quella sensazione di “non farcela più” che caratterizza gli allenamenti più duri.
Ma c’è di più: la difficoltà percepita di un allenamento dipende fortemente dal nostro stato di forma attuale, dai livelli di stress della vita quotidiana, e persino dalle condizioni atmosferiche. Un allenamento che potrebbe sembrare gestibile in condizioni ottimali, può trasformarsi in una tragedia sportiva quando siamo mentalmente stanchi o quando le temperature sono estreme.
L’adattamento progressivo del nostro corpo gioca in tutto ciò un ruolo centrale: quello che oggi ci sembra impossibile, tra qualche settimana potrebbe diventare la nostra nuova normalità. Il corpo umano ha una capacità straordinaria di adattarsi agli stimoli allenanti, ma questo processo richiede tempo e, soprattutto, la capacità di superare la barriera del disagio temporaneo.
La fatica mentale prima ancora che fisica
Nel trail running, la mente cede sempre prima del corpo e non è certo una frase fatta, ma una realtà scientificamente dimostrata che ogni ultra trailer conosce bene. La fatica mentale si manifesta come una riduzione della motivazione e della capacità di mantenere l’intensità dell’esercizio, anche quando i muscoli avrebbero ancora energia disponibile.
Durante gli allenamenti più impegnativi, il nostro cervello riceve costantemente segnali di allarme dai vari sistemi corporei: l’aumento della frequenza cardiaca, l’accumulo di metaboliti nei muscoli, l’innalzamento della temperatura corporea. Il sistema nervoso centrale interpreta questi segnali come potenziali minacce e attiva meccanismi protettivi che ci spingono a ridurre l’intensità o a fermarci completamente.
La protezione istintiva, evolutivamente fondamentale per la sopravvivenza, diventa però un ostacolo quando vogliamo spingere i nostri limiti durante l’allenamento. La sfida consiste nel riconoscere quando questi segnali rappresentano un vero pericolo e quando invece sono semplicemente il rumore di fondo di un corpo che sta lavorando intensamente.
La componente emotiva della fatica è poi altrettanto importante. Lo stress, l’ansia da prestazione, la paura di non farcela, possono amplificare enormemente la percezione dello sforzo. Al contrario, stati emotivi positivi, la presenza di compagni di allenamento motivanti, o semplicemente una playlist che ci carica, possono ridurre significativamente la fatica percepita e permetterci di sostenere intensità che altrimenti sembrerebbero impossibili.
Preparazione mentale: affrontare la fatica prima di iniziare
La battaglia si vince prima di scendere in campo. Una frase, valida in ogni sport, che assume un significato particolare nel trail running, dove la componente mentale può fare la differenza tra un allenamento completato con successo e uno interrotto prematuramente dalla resa psicologica.
La preparazione mentale per gli allenamenti durissimi inizia infatti molto prima di allacciare le scarpe da trail. È un processo che coinvolge la pianificazione, la visualizzazione, e la costruzione di quella che gli psicologi dello sport chiamano “resilienza mentale”. Entrare in sintonia con il proprio corpo e la propria mente prima dell’allenamento significa creare le condizioni ottimali per affrontare qualsiasi difficoltà possa presentarsi durante la sessione.
Un aspetto fondamentale è l’accettazione preventiva del disagio. Sapere che ci saranno momenti difficili, che la fatica sarà intensa, che la voglia di mollare si farà sentire, ci permette di non essere colti di sorpresa quando questi momenti arrivano. L’anticipazione mentale della sofferenza la rende paradossalmente più sopportabile, perché trasforma un evento inaspettato e destabilizzante in qualcosa di previsto e quindi gestibile.

Visualizzazione: vedere il successo prima di viverlo
La visualizzazione è l’arma segreta di ogni trail runner che si rispetti, una tecnica validata che sfrutta la capacità del nostro cervello di non distinguere completamente tra un’esperienza reale e una vividamente immaginata.
Prima di affrontare un allenamento particolarmente impegnativo, dedicare 10-15 minuti alla visualizzazione dettagliata della sessione può fare la differenza. Immaginare ogni fase dell’allenamento, dal riscaldamento iniziale alle fasi più intense, dalla gestione della fatica al completamento finale, crea una sorta di “mappa mentale” che il nostro cervello può seguire durante l’esecuzione reale.
La visualizzazione efficace deve essere multisensoriale: non limitarsi a “vedere” l’allenamento, ma immaginare anche le sensazioni fisiche, i suoni dell’ambiente, persino gli odori. Anticipare mentalmente i momenti di crisi e visualizzare le strategie per superarli prepara la mente a reagire automaticamente quando questi momenti si presenteranno nella realtà.
È importante visualizzare non solo il successo finale, ma anche le difficoltà intermedie e le strategie per superarle. Questo approccio realistico evita la delusione che potrebbe derivare dal gap tra aspettative irrealisticamente positive e realtà dell’allenamento.
Concentrazione: il potere del qui e ora
Nel trail running, la concentrazione è tutto. La capacità di mantenere l’attenzione focalizzata sul presente, su quello che stiamo facendo in questo preciso momento, è ciò che separa i trail runner esperti dai principianti che si perdono nei pensieri negativi o nelle preoccupazioni future.
Durante gli allenamenti durissimi, la mente tende a vagare verso pensieri demotivanti: “Mancano ancora 30 minuti”, “Non ce la farò mai”, “Sto soffrendo troppo”. Riportare continuamente l’attenzione sul presente – il respiro attuale, il passo successivo, la sensazione dei piedi che toccano il terreno – interrompe questo circolo vizioso di pensieri negativi.
Tecniche come il counting (contare i passi, i respiri, o le ripetizioni) possono essere estremamente efficaci per mantenere la mente occupata e focalizzata. L’attenzione divisa tra l’esecuzione dell’esercizio e il compito cognitivo del conteggio riduce la percezione dello sforzo e rende più sopportabili i momenti più intensi.
La pratica della mindfulness applicata al trail running insegna a osservare le sensazioni fisiche e i pensieri senza giudicarli, accettandoli come parte naturale dell’esperienza dell’allenamento intenso. Un’accettazione non passiva ma consapevole che trasforma la sofferenza da nemico da combattere in compagna di viaggio da rispettare.
Ironia e distacco: ridere della fatica
L’ironia è un potente antidoto alla sofferenza! La capacità di ridere di se stessi, di relativizzare il momento presente, di trovare aspetti divertenti anche nelle situazioni più impegnative, è una caratteristica comune a molti ultra trailer di successo.
Naturalmente, questo non significa sminuire l’importanza dell’allenamento o non prenderlo sul serio, ma piuttosto sviluppare quella leggerezza mentale che permette di affrontare le difficoltà senza drammatizzarle eccessivamente. Un approccio ironico alla fatica la priva di parte del suo potere intimidatorio e la trasforma da mostro invincibile in avversario rispettabile ma battibile.
Anche il distacco emotivo dalle sensazioni fisiche momentanee è un’altra strategia efficace. Riconoscere che il dolore muscolare, la sensazione di affanno, la stanchezza sono fenomeni temporanei che passeranno alla fine dell’allenamento, aiuta a non identificarsi completamente con questi stati e a mantenere una prospettiva più ampia.
Preparazione fisica: crea le condizioni giuste per rendere al meglio
Il corpo è la macchina, ma ha bisogno del carburante giusto. Anche la mente più forte non può compensare completamente una preparazione fisica inadeguata. Gli allenamenti durissimi richiedono che il nostro organismo sia nelle condizioni ottimali per esprimere il massimo delle sue potenzialità.
La preparazione fisica per affrontare gli allenamenti più impegnativi va ben oltre la semplice forma atletica. Coinvolge una serie di fattori interconnessi che, se gestiti correttamente, possono fare la differenza tra un allenamento completato con successo e uno che si trasforma in un’esperienza frustrante e potenzialmente controproducente.
Un approccio ampio e integrato alla preparazione fisica considera il runner come un sistema complesso dove ogni elemento influenza tutti gli altri. Il sonno influisce sulla capacità di recupero, l’alimentazione determina la disponibilità energetica, il riscaldamento prepara muscoli e sistema nervoso, l’idratazione mantiene efficienti tutti i processi fisiologici.
Riscaldamento graduale: preparare il motore
Un motore freddo non rende al massimo, e il corpo umano non fa eccezione. Il riscaldamento prima di un allenamento intenso non è solo una buona pratica, è una necessità fisiologica che può determinare il successo o il fallimento dell’intera sessione.
Il riscaldamento ideale per gli allenamenti durissimi dovrebbe essere progressivo e specifico. Iniziare con attività a bassa intensità – camminata veloce, corsa blanda – permette al sistema cardiovascolare di adattarsi gradualmente all’aumento delle richieste metaboliche. La temperatura corporea si alza, la viscosità del sangue diminuisce, i muscoli diventano più elastici.
Dopo questa fase generale, è importante includere esercizi specifici per il trail running: skip, corsa calciata, affondi dinamici, esercizi propriocettivi che attivano i muscoli stabilizzatori così importanti sui terreni sconnessi. La durata ottimale del riscaldamento dovrebbe essere proporzionale all’intensità dell’allenamento che seguirà: più è duro l’allenamento, più tempo dobbiamo dedicare alla preparazione.
Un aspetto spesso sottovalutato è il riscaldamento mentale. Utilizzare i primi minuti di attività blanda per “entrare nella sessione”, per passare mentalmente dalla modalità quotidiana a quella da allenamento, per rivedere mentalmente gli obiettivi della sessione.

Alimentazione: il carburante per la performance
Siamo quello che mangiamo, e mai frase fu più vera quando si parla di allenamenti intensi. L’alimentazione pre-allenamento può essere il fattore determinante tra una sessione brillante e una caratterizzata da cali energetici e prestazioni sotto le aspettative.
Il timing dei pasti è cruciale: un pasto completo dovrebbe essere consumato almeno 3-4 ore prima dell’allenamento intenso, per permettere una digestione completa ed evitare conflitti tra apparato digerente e muscoli per l’afflusso sanguigno. Gli ultimi 60-90 minuti prima dell’allenamento dovrebbero essere riservati solo a piccoli snack facilmente digeribili e ad alto indice glicemico se necessario.
La composizione del pasto pre-allenamento dovrebbe privilegiare carboidrati complessi per garantire un rilascio energetico prolungato, moderate quantità di proteine per supportare i muscoli, e grassi limitati per non rallentare la digestione. Esempi pratici: porridge con banana e miele, pane tostato con marmellata, pasta con sugo semplice qualche ora prima.
L’idratazione inizia molto prima dell’allenamento stesso. Arrivare all’allenamento già ben idratati è fondamentale, perché durante lo sforzo intenso saremo sempre in rincorsa rispetto alle perdite. Il colore delle urine è un indicatore semplice ma efficace: dovrebbe essere giallo pallido, mai scuro.
Integrazione: quando il cibo non basta
L’integrazione intelligente può fare la differenza negli allenamenti più lunghi e intensi. Non si tratta di assumere tutto quello che il mercato propone, ma di utilizzare strategicamente alcuni supplementi che la scienza ha dimostrato efficaci.
Durante allenamenti superiori ai 90 minuti, l’integrazione di carboidrati diventa essenziale per mantenere costanti i livelli di glucosio ematico ed evitare il “bonk” (crisi energetica). La regola generale è 30-60g di carboidrati per ora, preferibilmente da fonti miste (glucosio + fruttosio) per massimizzare l’assorbimento.
Gli elettroliti, in particolare sodio e potassio, diventano critici negli allenamenti lunghi o in condizioni di caldo intenso. La perdita eccessiva di sodio attraverso la sudorazione può portare a crampi, nausea, e cali prestazionali significativi. Integratori elettrolitici o semplicemente un pizzico di sale nel biberon possono prevenire questi problemi.
La caffeina, utilizzata strategicamente, può essere un alleato prezioso negli allenamenti più impegnativi. Assunta 30-60 minuti prima dello sforzo, in dosi di 3-6mg per kg di peso corporeo, ha dimostrato di ridurre la percezione della fatica e migliorare la performance di resistenza.
Sonno: il recupero che prepara alla fatica
Il sonno è l’integratore più potente di cui disponiamo, eppure è spesso quello più trascurato dai trail runner amatoriali. La qualità e la quantità del sonno nelle 48-72 ore precedenti un allenamento intenso determinano in larga parte la nostra capacità di sostenere lo sforzo e di trarne benefici adattivi.
Durante il sonno profondo, il corpo rilascia ormone della crescita, fondamentale per la riparazione e il potenziamento dei tessuti muscolari. La mancanza di sonno compromette questo processo, lasciandoci con muscoli meno pronti allo sforzo e più suscettibili agli infortuni.
Il sonno influenza anche pesantemente il sistema nervoso: una notte di riposo insufficiente riduce la capacità di concentrazione, aumenta la percezione della fatica, e compromette la coordinazione neuromuscolare. Per un trail runner, che deve gestire terreni tecnici e mantenere alta l’attenzione, questi effetti possono essere particolarmente penalizzanti.
Le strategie per ottimizzare il sonno includono: mantenere orari regolari, creare un ambiente fresco e buio, limitare schermi nelle ore serali, evitare caffeina dopo le 14:00. Nei giorni precedenti allenamenti particolarmente impegnativi, vale la pena di fare uno sforzo extra per garantirsi un riposo ottimale.
Riposo attivo: il valore del non far niente
Il riposo non è pigrizia, è strategia. Nei giorni che precedono gli allenamenti più intensi della settimana, la tentazione di “prepararsi” con sessioni aggiuntive può essere forte, ma è spesso controproducente.
Il concetto di riposo attivo prevede giornate caratterizzate da attività fisica molto blanda – passeggiate, stretching leggero, yoga – che mantengano il corpo in movimento senza però creare stress aggiuntivo. Un approccio che favorisce la circolazione sanguigna, aiuta a mantenere la mobilità articolare, e permette al sistema nervoso di ricaricarsi.
Il riposo mentale è altrettanto importante: evitare stress lavorativi eccessivi, situazioni emotivamente intense, o decisioni importanti nei giorni precedenti gli allenamenti chiave. La riserva mentale deve essere preservata per essere utilizzata quando serve davvero.
Anche la gestione degli impegni sociali ha la sua importanza: una serata particolarmente lunga o impegnativa può compromettere la performance dell’allenamento del giorno successivo. Pianificare il riposo con la stessa attenzione con cui pianifichiamo gli allenamenti è il segno di un approccio maturo al trail running.
Strategie per superare la crisi durante l’allenamento
Ogni allenamento duro ha i suoi momenti neri. Quei frangenti in cui tutto sembra andare storto, in cui la fatica diventa oppressiva, in cui l’unica cosa sensata sembra essere mollare tutto e tornare a casa. È in questi momenti che si misura la vera preparazione di un trail runner.
Le crisi durante l’allenamento sono inevitabili e, paradossalmente, utili. Rappresentano l’occasione per testare e affinare le nostre strategie di gestione della difficoltà, per espandere la nostra zona di comfort, per imparare qualcosa di nuovo su noi stessi. Avere un piano per gestire questi momenti è ciò che distingue chi completa l’allenamento da chi si arrende.
Le strategie anti-crisi non sono formule magiche, ma strumenti pratici che richiedono pratica per essere efficaci. Come ogni skill, vanno allenate durante le sessioni meno impegnative per essere disponibili quando la pressione è alta. La gestione della crisi è essa stessa una competenza che si sviluppa nel tempo attraverso l’esperienza e l’applicazione consapevole di tecniche specifiche.
Focus: restringere l’orizzonte temporale
Quando l’obiettivo finale sembra irraggiungibile, spezzalo in micro-obiettivi. Durante i momenti di crisi, pensare a tutto quello che manca da fare può essere schiacciante. La strategia del focus consiste nel restringere drammaticamente l’orizzonte temporale e spaziale su cui concentrare l’attenzione.
Invece di pensare “Mancano ancora 45 minuti”, il focus si sposta su “Arrivo al prossimo palo della luce”. Invece di “Non ce la farò mai a finire questa ripetuta”, l’attenzione va su “Faccio ancora 20 passi”. Il principio psicologico sottostante è semplice ma potente: il nostro cervello è molto più bravo a gestire obiettivi piccoli e immediati che grandi e lontani. Ogni micro-obiettivo raggiunto rilascia una piccola dose di dopamina, il neurotrasmettitore della ricompensa, che ci motiva a continuare verso il micro-obiettivo successivo.
La tecnica del focus richiede disciplina mentale: ogni volta che la mente inizia a vagare verso pensieri negativi o proiezioni catastrofiche sul futuro, va riportata fermamente al qui e ora. Il mantra può essere semplice: “Solo questo passo. Solo questo respiro. Solo fino a quel sasso.”
Ritmo: trovare la zona sostenibile
Il ritmo giusto è quello che puoi mantenere. Durante le crisi da allenamento, spesso il problema non è la mancanza di energia, ma la gestione sbagliata di quella disponibile. Molti trail runner si avvitano in spirali negative perché partono troppo forte e poi non riescono a sostenere l’intensità.
La strategia del ritmo consiste nell’identificare quella velocità/intensità che, pur essendo impegnativa, può essere mantenuta per tutta la durata prevista dell’allenamento. È meglio finire un allenamento a un ritmo costante che iniziarlo troppo velocemente e poi essere costretti a fermarsi o rallentare drasticamente.
Imparare a “leggere” il proprio corpo è fondamentale: riconoscere i segnali di un ritmo sostenibile vs quelli di un ritmo insostenibile, sviluppare la sensibilità per percepire quando siamo al limite della zona di comfort e quando l’abbiamo già superata.
Durante i momenti di crisi, rallentare leggermente può permettere di recuperare abbastanza energia per continuare, mentre ostinarsi a mantenere un ritmo troppo elevato porta inevitabilmente al collasso. La saggezza del ritmo sta nel capire che a volte un passo indietro permette di farne dieci avanti.
Continuità: il potere del non fermarsi mai
Il movimento genera movimento. Una delle strategie più efficaci per superare le crisi durante l’allenamento è quella di non fermarsi mai completamente. Anche quando l’intensità diventa insostenibile, ridurla drasticamente è preferibile al fermarsi.
La continuità ha basi sia fisiologiche che psicologiche. Dal punto di vista fisico, mantenere il movimento favorisce la circolazione sanguigna, facilita lo smaltimento dei metaboliti, e impedisce quell’irrigidimento muscolare che si verifica durante le pause prolungate. Dal punto di vista mentale, fermarsi rappresenta una “sconfitta” che può essere difficile da superare per ripartire.
La strategia della continuità prevede una gerarchia di opzioni: se non riesco a correre, cammino veloce. Se non riesco a camminare veloce, cammino normalmente. Se non riesco a camminare normalmente, cammino lentamente. L’importante è non fermarsi mai completamente, mantenere sempre un movimento verso l’obiettivo.
Questa approccio insegna anche una lezione preziosa sulla relatività dello sforzo: quello che in un momento sembra impossibile (correre), può diventare di nuovo possibile dopo qualche minuto di movimento a intensità ridotta. La continuità mantiene aperte tutte le opzioni per il rilancio quando le condizioni migliorano.
Costanza: la forza dell’abitudine
La costanza vince sulla motivazione. Durante gli allenamenti più duri, arriva sempre un momento in cui la motivazione iniziale svanisce e rimane solo la disciplina costruita nel tempo. La costanza negli allenamenti crea un’abitudine mentale al completamento che diventa più forte della voglia di mollare.
Chi si allena con costanza sviluppa quello che si potrebbe chiamare “automatismo del completamento”: il cervello impara che gli allenamenti si finiscono, punto. Una programmazione mentale che diventa particolarmente preziosa nei momenti di crisi, quando la parte razionale della mente cerca giustificazioni per fermarsi.
La costanza si costruisce giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento. Ogni sessione completata, soprattutto quelle difficili, deposita nel nostro conto mentale una “prova” che siamo capaci di farcela.
La strategia della costanza durante la crisi consiste nel richiamare alla memoria gli allenamenti precedenti completati con successo: “Se ce l’ho fatta ieri, posso farcela anche oggi. Se ce l’ho fatta la settimana scorsa, posso farcela anche ora”. Il track record personale diventa una fonte di fiducia e determinazione.
Affrontare gli allenamenti durissimi nel trail running è un’arte che combina preparazione mentale, fisica e strategica. Non esistono formule magiche o scorciatoie, ma esistono principi consolidati e tecniche efficaci che, applicate con costanza e intelligenza, possono trasformare ogni sessione impegnativa da ordalia a opportunità di crescita.
Ricorda sempre che la sofferenza dell’allenamento è temporanea, ma la soddisfazione del completamento e i miglioramenti che ne derivano durano molto più a lungo. Ogni allenamento duro superato ci rende più forti, più saggi, e più preparati per le sfide future, sia in allenamento che in gara.
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