Stamina: significato, movimenti e come migliorarla

stamina nel trail running
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Nel trail running e nell’ultra trail, la stamina è un elemento che può separare chi arriva al traguardo della gara da chi rimane a metà percorso. Eppure, molti continuano a sottovalutare la sua importanza, preferendo cercare altri criteri per migliorare forza fisica o di velocità. Ma di cosa si tratta?

In sintesi, la stamina è ciò che ci permette di mantenere performance elevate quando il corpo e la mente ci dicono di fermarci. È quella capacità che ci consente di affrontare l’ennesimo chilometro di una gara con la stessa determinazione del primo, di salire una difficile salita tecnica quando le gambe tremano, di mantenere la concentrazione quando la stanchezza offusca il giudizio. Insomma, qualcosa con cui faremmo bene a fare i conti!

Cos’è la stamina e perché è fondamentale nella corsa

Cominciamo dunque la nostra guida ricordando che la stamina non è un fattore di mera resistenza fisica, ma è l’integrazione di resistenza aerobica, forza muscolare e resilienza mentale. Nel trail running, disciplina in cui ogni passo presenta variabili uniche – dalla pendenza del terreno alle condizioni meteorologiche – la stamina diventa il denominatore comune che determina le tue prestazioni complessive.

Ebbene, è la capacità di mantenere un’intensità di sforzo elevata per periodi prolungati a distinguere la stamina dalla semplice resistenza cardiovascolare. Mentre quest’ultima si concentra principalmente sulla capacità del sistema cardiocircolatorio di fornire ossigeno ai muscoli, infatti, la stamina coinvolge l’intero sistema neuromuscolare, includendo la capacità dei muscoli di utilizzare efficacemente l’energia disponibile e del sistema nervoso di mantenere coordinazione e controllo motorio anche in condizioni di affaticamento.

Nel trail running, la stamina si fa riconoscere attraverso alcuni aspetti pratici su cui possiamo fare un breve cenno. È infatti la differenza tra chi riesce a mantenere un passo costante su terreni tecnici anche dopo ore di corsa e chi invece è costretto a rallentare drasticamente. È l’abilità di gestire efficacemente le risorse energetiche distribuendole lungo l’intero percorso, evitando quei picchi di intensità che portano al temuto “muro” metabolico.

La stamina nel trail si manifesta anche attraverso la capacità di adattamento continuo alle variazioni del terreno. Su un sentiero di montagna, non esiste il ritmo costante della strada: ogni metro richiede micro-aggiustamenti nella falcata, nella postura, nell’intensità dello sforzo. Mantenere questa adattabilità per ore richiede una stamina che va oltre la mera resistenza aerobica.

La differenza tra resistenza fisica, mentale e stamina vera e propria

Per apprezzare meglio la specificità della stamina, possiamo anche partire dai suoi “colleghi”. Il primo è la resistenza fisica, che è la base fisiologica su cui si costruisce ogni performance di endurance. Con questo nome ci riferiamo infatti a capacità polmonare, efficienza cardiaca, densità capillare nei muscoli e capacità mitocondriale di produrre energia aerobicamente. Nel trail running, questa si traduce nella capacità di mantenere un determinato consumo di ossigeno per periodi prolungati senza accumulo eccessivo di lattato.

C’è poi la resistenza mentale, che è la forza psicologica che permette di continuare quando invece ci si vorrebbe fermare. Nel trail, dove la solitudine può amplificare ogni sensazione di fatica, la resistenza mentale diventa cruciale. È una sorte di voce interiore che trasforma il dolore in determinazione, che trova motivazione nei paesaggi mozzafiato quando le gambe non ne vogliono più sapere.

La stamina vera e propria, invece, emerge dall’integrazione di questi due elementi con un terzo fattore spesso sottovalutato: l’efficienza biomeccanica sotto stress. Non basta avere polmoni d’acciaio e una mente di ferro se la tecnica di corsa si deteriora dopo pochi chilometri. Quindi, la stamina include la capacità di mantenere gesti tecnici efficaci anche quando l’acido lattico invade i muscoli e la concentrazione inizia a vacillare.

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Allenare la stamina: corpo e mente insieme

L’allenamento della stamina nel trail running richiede un approccio metodico che rispetti i principi di progressione graduale e specificità del gesto atletico, avvicinandosi a una combinazione intelligente e specifica, che includa stimoli allenanti per coinvolgere tutti i sistemi energetici e le capacità neuromuscolari necessarie.

Come vedremo nelle prossime righe, la periodizzazione è fondamentale per costruire una stamina solida e duratura. Il corpo ha bisogno di tempo per adattarsi agli stimoli allenanti, e questo tempo varia significativamente a seconda di ciascuno e dell’obiettivo che ci si pone. Le adattazioni cardiovascolari possono manifestarsi in poche settimane, mentre quelle strutturali a livello muscolare e tendineo richiedono mesi di lavoro costante.

Intensifica gradualmente e in modo progressivo

Un primo errore comune nell’allenamento della stamina è l’impazienza. Molti trail runner, attratti dall’idea di miglioramenti rapidi, aumentano troppo velocemente volume e intensità, finendo in sovrallenamento o, peggio, infortunati. Il principio dell’accumulo progressivo suggerisce aumenti del carico allenante non superiori al 10-15% settimanale.

Ricorda che la progressione deve essere multidimensionale: non solo un aumento del chilometraggio, pertanto, ma anche variazione delle intensità, dei terreni, delle condizioni ambientali. Se questa settimana hai corso 40 chilometri principalmente su sterrato, la prossima potresti mantenere lo stesso volume ma introdurre più single track o dislivello positivo.

Infine, tieni a mente che la pazienza nella costruzione è inversamente proporzionale alla durabilità dei risultati. Chi costruisce la propria stamina gradualmente nel corso di mesi e anni sviluppa adattamenti profondi e stabili, mentre chi cerca scorciatoie attraverso allenamenti eccessivamente intensi spesso ottiene miglioramenti effimeri seguiti da plateaux o regressioni.

Training ad alta intensità

Gli allenamenti ad intervalli ad alta intensità sono uno strumento importante per sviluppare la stamina, ma devono essere utilizzati con intelligenza strategica. Nel trail running, l’HIIT non può limitarsi alle classiche ripetute in pista, ma deve includere varianti specifiche per il terreno e le pendenze che affronteremo in gara.

Le ripetute in salita rappresentano un riferimento fondamentale per sviluppare potenza aerobica specifica. Lavorare su pendenze del 8-15% per intervalli di 3-8 minuti permette di allenare simultaneamente il sistema cardiovascolare e la forza specifica dei muscoli coinvolti nella corsa in salita. La chiave è mantenere un’intensità che permetta di completare tutta la sessione mantenendo qualità tecnica.

Le ripetute su terreno misto introducono la componente neuromuscolare spesso trascurata negli allenamenti tradizionali. Correre intervalli intensi su single track tecnici costringe il sistema nervoso a mantenere coordinazione e reattività anche in condizioni di stress metabolico, simulando le condizioni di gara.

Fondo medio

Il fondo medio è l’intensità più specifica per lo sviluppo della stamina nel trail running. Si tratta infatti di quella zona di intensità che puoi mantenere per 60-90 minuti, e che corrisponde dunque più o meno alla soglia del lattato o leggermente sotto di essa. È, in altri termini, l’intensità che ti permette di parlare a frasi brevi ma non di sostenere conversazioni fluide.

Nel trail, il fondo medio deve essere adattato alle caratteristiche del terreno di gara. Se ti prepari per una gara principalmente in salita, i tuoi allenamenti di fondo medio dovranno includere significative percentuali di dislivello positivo. Se la gara prevede lunghe sezioni tecniche, dovrai allenare il fondo medio su terreni che richiedano attenzione e reattività continua.

La durata degli allenamenti di fondo medio deve progredire gradualmente dalla base aerobica verso la durata specifica della gara. In generale, se ti prepari per un trail di 3 ore, dovrai essere capace di sostenere almeno 90 minuti di fondo medio continuo, preferibilmente su terreni simili a quelli di gara.

Il riposo attivo

Contrariamente a quanto potresti pensare, il riposo non è l’assenza di allenamento, ma un componente attivo del miglioramento. Durante le fasi di recupero, infatti, il corpo implementa gli adattamenti stimolati dall’allenamento: aumenta la capillarizzazione muscolare, migliora l’efficienza mitocondriale, rinforza strutture tendinee e legamentose.

Il riposo attivo nel trail running può includere attività complementari a bassa intensità come camminata veloce su terreni naturali, yoga specifico per runner, nuoto in acque libere. Si tratta di attività leggere, che però mantengono il corpo in movimento favorendo il recupero attraverso una migliore circolazione sanguigna, senza aggiungere stress meccanico significativo.

La qualità del sonno diventa una variabile prestazionale cruciale. Durante il sonno profondo viene rilasciato l’ormone della crescita, fondamentale per la riparazione e l’adattamento dei tessuti. I trail runner che non dormono adeguatamente vedono compromessi non solo il recupero, ma anche la capacità di sostenere carichi allenanti elevati.

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Cross training: amplificare i benefici

Il cross training intelligente può accelerare significativamente lo sviluppo della stamina. Attività come il ciclismo in montagna, lo sci alpinismo, l’arrampicata sportiva sono infatti disciplinane che attivano sistemi energetici simili alla corsa in trail ma con schemi di movimento diversi, riducendo il rischio di sovraccarichi da ripetizione.

L’allenamento della forza specifica è un moltiplicatore di prestazioni spesso sottovalutato. Gli esercizi specifici come squat mono-podalici, affondi su superfici instabili, step-up esplosivi non solo prevengono infortuni ma migliorano l’economia di corsa, permettendo di mantenere velocità elevate con minor dispendio energetico.

Alimentazione e recupero

Nel trail running, dove le gare possono durare dalle 2-3 ore fino a oltre 24 ore, l’alimentazione diventa parte della strategia prestazionale. Non è infatti solo una questione di assunzione delle calorie, ma di fornire al corpo il mix ottimale di nutrienti nei momenti giusti, mantenendo l’equilibrio idro-elettrolitico e prevenendo disturbi gastrointestinali che potrebbero compromettere la performance.

La finestra nutrizionale pre-gara richiede una pianificazione accurata che inizia giorni prima dell’evento. Il carico di carboidrati non deve naturalmente essere inteso come un’abbuffata di pasta senza limiti, ma come un processo graduale di saturazione delle riserve di glicogeno muscolare ed epatico attraverso un aumento progressivo della percentuale di carboidrati nella dieta, mantenendo apporti proteici adeguati per la riparazione tissutale.

Strategie di carboidrati periodizzazione

La periodizzazione nutrizionale segue i cicli dell’allenamento per massimizzare gli adattamenti metabolici. Durante le fasi di volume elevato a intensità moderata, infatti, aumentare l’apporto di carboidrati favorisce il recupero e mantiene alta la qualità degli allenamenti. Nelle fasi di scarico o negli allenamenti di fondo lento, ridurre i carboidrati può stimolare gli adattamenti che migliorano l’utilizzo dei grassi come fonte energetica.

Il concetto di “train low, compete high” può ben essere richiamato in tale ambito, avendo rivoluzionato l’approccio nutrizionale degli atleti di endurance. Allenare occasionalmente in condizioni di glicogeno ridotto può infatti stimolare adattamenti enzimatici che migliorano la capacità di ossidazione dei grassi, fondamentale nelle gare ultra dove le riserve di carboidrati sono inevitabilmente limitate.

Anche la qualità dei carboidrati assume importanza crescente man mano che aumenta la durata degli sforzi. Carboidrati complessi a rilascio graduale forniscono energia stabile nel tempo, mentre zuccheri semplici diventano cruciali per mantenere la glicemia durante sforzi prolungati. La combinazione di glucosio e fruttosio può aumentare l’assorbimento di carboidrati fino a 90g/ora.

Proteine

Le proteine nel trail running non servono solo per costruire massa muscolare, come sbrigativamente potresti leggere da qualche parte, ma sono parte integrante nel mantenimento della performance durante sforzi prolungati. Negli ultra trail, fino al 15% dell’energia può provenire dalla degradazione proteica, rendendo fondamentale un apporto adeguato per prevenire il catabolismo muscolare eccessivo.

Ebbene, la corretta distribuzione temporale delle proteine influenza significativamente il recupero. Assumere 20-25g di proteine di alta qualità entro 30 minuti dalla fine dell’allenamento stimola la sintesi proteica muscolare e accelera i processi riparativi: una finestra anabolica che può essere sfruttata attraverso integratori specifici o alimenti naturali come latte, yogurt greco, uova.

La leucina, aminoacido a catena ramificata, agisce come interruttore metabolico che attiva i processi di sintesi proteica. Alimenti ricchi di leucina come carne magra, pesce, legumi, quinoa dovrebbero essere presenti in ogni pasto principale dei trail runner seri.

Idratazione strategica

L’idratazione nel trail running è elemento di straordinaria importanza: le perdite di fluidi attraverso la sudorazione possono infatti raggiungere 1-2 litri all’ora in condizioni calde, e la semplice acqua non è sufficiente a rimpiazzare gli elettroliti persi.

La strategia di pre-idratazione inizia 24-48 ore prima della gara o dell’allenamento impegnativo. Bere gradualmente 500-600ml di fluidi arricchiti con elettroliti nelle 2-3 ore precedenti l’attività, completando con 200-300ml 15-30 minuti prima della partenza, ottimizza lo stato di idratazione senza causare alcun problema gastrointestinale.

Durante l’attività, l’obiettivo non è rimpiazzare il 100% dei fluidi persi – cosa spesso impossibile e potenzialmente controproducente – ma mantenere la disidratazione sotto il 2-3% del peso corporeo. In termini numerici, questo è traducibile in 150-250ml ogni 15-20 minuti, modulando in base alle condizioni ambientali e al tasso di sudorazione individuale.

Sonno

Il sonno è il momento più importante per il recupero e l’adattamento all’allenamento. Durante le fasi di sonno profondo, infatti, il corpo rilascia ormone della crescita, consolida la memoria muscolare degli schemi motori appresi, elimina le scorie metaboliche accumulate nei tessuti.

I trail runner necessitano di 7-9 ore di sonno di qualità per notte, con particolare attenzione alla regolarità degli orari. Andare a letto e svegliarsi sempre alla stessa ora, anche nei weekend, sincronizza i ritmi circadiani e migliora la qualità del recupero. L’esposizione alla luce naturale nelle prime ore del mattino rafforza questo sincronismo.

Tieni poi conto che anche l’ambiente di riposo influenza significativamente la qualità del sonno: temperatura della camera tra 16-19°C, oscurità completa, silenzio o rumori costanti di sottofondo. Evita schermi luminosi nelle 2 ore precedenti il sonno per favorire la produzione naturale di melatonina.

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Micronutrienti

Ferro, magnesio, vitamina D, vitamine del gruppo B sono i micronutrienti fondamentali per le prestazioni di endurance. La carenza di ferro, particolarmente comune nelle donne atlete, compromette il trasporto di ossigeno e può causare fatica cronica anche con valori ai limiti inferiori della norma.

Il magnesio partecipa a oltre 300 reazioni enzimatiche e la sua carenza si manifesta con crampi, fatica muscolare, disturbi del sonno. Le perdite attraverso sudorazione possono essere significative, rendendo necessaria un’integrazione mirata durante periodi di allenamento intenso o in condizioni climatiche estreme.

La vitamina D, spesso deficitaria nei paesi nordici, influenza la funzione muscolare, la densità ossea, la risposta immunitaria. Livelli ottimali (sopra 75 nmol/L) sono associati a minor rischio di infortuni e migliori prestazioni di potenza muscolare.

Le leve “invisibili” che migliorano la stamina

Oltre agli aspetti più evidenti dell’allenamento fisico e dell’alimentazione, esistono fattori apparentemente secondari – ma altrettanto importanti – che possono fare la differenza tra una performance mediocre e una eccezionale. Si tratta di elementi “invisibili” che spesso separano gli atleti professionisti dai semplici appassionati,e non perché siano segreti gelosamente custoditi, ma perché richiedono attenzione ai dettagli e costanza nell’applicazione.

La respirazione consapevole, l’utilizzo strategico della caffeina, la gestione dell’attenzione e del focus mentale sono esempi di strumenti raffinati che possono sbloccare percentuali significative di performance aggiuntiva. Aspetti che diventano particolarmente rilevanti nelle gare lunghe, dove piccoli vantaggi accumulati nell’arco di ore possono tradursi in risultati sostanzialmente diversi.

Vediamoli uno per uno, pur in brevità.

Respirazione

La respirazione efficace è un fattore determinante nell’economia energetica della corsa. La maggior parte dei runner respira in modo inefficiente, utilizzando prevalentemente la muscolatura accessoria del torace invece del diaframma, sprecando energia preziosa in contrazioni muscolari non produttive.

La respirazione diaframmatica profonda attiva il sistema nervoso parasimpatico, riducendo i livelli di cortisolo e mantenendo uno stato di calma vigile anche durante sforzi intensi. Il tutto si traduce poi in una migliore gestione dello stress da gara e una maggiore capacità di mantenere lucidità decisionale nelle fasi critiche.

Il ritmo respiratorio sincronizzato con il passo di corsa può inoltre migliorare significativamente l’efficienza meccanica. Schemi come 3:2 (tre passi in inspirazione, due in espirazione) durante sforzi moderati, o 2:1 durante intensità elevate, creano una stabilizzazione del core che migliora la trasmissione della forza e riduce le oscillazioni energeticamente costose.

Caffeina

La caffeina è uno degli aiuti ergogenici più studiati e efficaci per le prestazioni di endurance. Il suo meccanismo d’azione è stimolante, ma non solo: blocca i recettori dell’adenosina nel cervello, ritardando la percezione della fatica, e stimola la lipolisi, favorendo l’utilizzo dei grassi come fonte energetica.

Il timing dell’assunzione è evidentemente fondamentale per massimizzare i benefici. Assumere 3-6mg per kg di peso corporeo 30-60 minuti prima dell’inizio dell’attività garantisce picchi ematici ottimali durante le fasi cruciali della performance. Per gare molto lunghe, dosi frazionate possono mantenere l’effetto ergogenico senza causare sovrastimolazione.

Ovviamente, la tolleranza individuale varia significativamente e deve essere testata accuratamente durante gli allenamenti. Alcuni atleti beneficiano di dosi elevate, mentre altri ottengono risultati migliori con quantità moderate. Gli effetti collaterali come tachicardia, ansia, disturbi gastrointestinali possono annullare i benefici prestazionali.

Concentrazione e focus mentale

La capacità di mantenere focus e concentrazione durante sforzi prolungati è un fattore prestazionale spesso sottovalutato. Nel trail running, dove le condizioni cambiano continuamente e richiedono adattamenti costanti, la concentrazione diventa una risorsa energetica da gestire strategicamente.

Le tecniche di mindfulness e presenza mentale possono certamente aiutarti: permettono di rimanere ancorati al momento presente invece di disperdere energie mentali in preoccupazioni future o rimpianti passati, traducendosi in una percezione più accurata dei segnali corporei e una gestione più efficace del ritmo e delle risorse energetiche.

Anche la visualizzazione positiva e il dialogo interno costruttivo agiscono come modulatori della percezione dello sforzo. Atleti allenati nelle tecniche di autoregolazione mentale riescono a mantenere intensità elevate anche quando la fatica fisica diventa significativa, trasformando il disagio in determinazione.

Tecniche di rilassamento progressivo

Il rilassamento muscolare progressivo durante la corsa può ridurre significativamente il dispendio energetico eliminando tensioni muscolari non necessarie. Imparare a “scansionare” mentalmente il corpo durante la corsa e rilasciare consapevolmente le tensioni accumulate migliora l’economia di movimento.

La tensione della mascella, delle spalle, delle mani rappresenta indicatori precoci di stress sistemico che possono essere utilizzati come segnali di allerta per implementare strategie di rilassamento. Una mascella rilassata e spalle sciolte si traducono spesso in una falcata più fluida ed efficiente.

Le pause tattiche per il rilassamento durante gare lunghe, anche di soli 10-15 secondi, permettono di resettare il sistema neuromuscolare e ripartire con maggiore efficienza. Le micro-pause sono particolarmente utili prima di affrontare sezioni tecniche o impegnative che richiedono coordinazione ottimale.

La stamina nel trail running emerge quindi come una qualità complessa e multisfaccettata, che richiede un approccio olistico per essere sviluppata completamente. L’integrazione intelligente di allenamento fisico, nutrizione strategica, recupero ottimale e gestione degli aspetti mentali crea le condizioni per esprimere il proprio potenziale massimo sui sentieri di montagna.

Il trail runner che comprende e applica questi principi non si limita a correre più a lungo o più veloce: sviluppa una relazione più profonda con il proprio corpo e la propria mente, imparando a navigare le sfide della montagna con maggiore consapevolezza, efficienza e, soprattutto, piacere. In questo percorso di crescita, ogni chilometro diventa un’opportunità di apprendimento, ogni salita una metafora di superamento, ogni traguardo raggiunto la conferma che la stamina, come tutte le qualità umane più preziose, si costruisce passo dopo passo, respiro dopo respiro, scelta dopo scelta!

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Immagine di Roberto Rais

Roberto Rais

Copywriter, consulente editoriale ed esperto di digital PR, è appassionato di attività outdoor, sport e corsa. Lavora con il team UltraTrail dalla fondazione del progetto.