Appoggio del piede nella corsa: biomeccanica e scelta della scarpa

Come funziona l'appoggio nella corsa: biomeccanica e scelta delle propria scarpa preferita.
appoggio scarpa corsa
Indice

L’appoggio del piede durante la corsa è uno degli aspetti biomeccanici più studiati e dibattuti nel mondo del running.

Ecco perché capire come il proprio piede interagisce con il terreno non diventa solo una curiosità tecnica, bensì un elemento fondamentale per scegliere la scarpa giusta, prevenire infortuni e ottimizzare l’efficienza della corsa.

Potevamo forse non occuparci anche di questo?

Le tre fasi del ciclo della corsa

La prima cosa che vogliamo condividere con tutti i nostri lettori è che il ciclo completo della corsa si articola in fasi precise che si ripetono migliaia di volte durante ogni uscita.

C’è la fase di volo, che è quella che si verifica quando entrambi i piedi sono sollevati da terra, e che precede il momento dell’atterraggio.

Durante l’impatto iniziale, il piede assorbe una forza pari a due-tre volte il peso corporeo, distribuendola attraverso una complessa catena di movimenti.

Segue la fase di appoggio completo, che è quella in cui l’intero piede è a contatto con il terreno e il corpo passa sopra di esso.

Infine, la fase di spinta, in cui il piede si solleva nuovamente da terra, con le dita che forniscono l’impulso propulsivo finale.

Una sequenza strutturata e complessa, che avviene in frazioni di secondo, e dalla cui qualità viene determinata l’efficienza complessiva della corsa e l’accumulo di stress su articolazioni e tessuti molli.

I tre tipi di appoggio del piede

Ora che sappiamo come si corre, cerchiamo di fare qualche piccolo passo in avanti per spiegare come funziona la biomeccanica e, di conseguenza, come può influenzare la scelta della tua prossima scarpa da running.

Per prima cosa, il modo in cui il piede tocca il terreno varia significativamente tra i runner e influenza profondamente la meccanica della corsa. L’appoggio di tallone è sicuramente il più comune, interessando statisticamente circa il 70-80 percento dei corridori amatoriali.

In questa modalità, la parte posteriore esterna del tallone tocca per prima il terreno, seguita da una rapida rotazione in avanti che porta l’intero piede a contatto con il suolo. Lo schema è piuttosto naturale per chi corre a ritmi moderati ed è favorito da scarpe con drop elevato e ammortizzazione generosa al tallone.

L’appoggio del mesopiede prevede invece che il contatto avvenga simultaneamente su tallone e avampiede, o leggermente più avanti rispetto al tallone classico. La modalità distribuisce le forze d’impatto su una superficie maggiore, riducendo lo stress su singole strutture.

È per questo motivo che molti runner esperti preferiscono sviluppare (naturalmente o con un po’ di costrizione) questo schema con l’aumento della velocità, favorito da scarpe con drop moderato che non forzano verso un estremo o l’altro.

L’appoggio di avampiede vede invece la parte anteriore del piede toccare per prima il terreno, con il tallone che può sfiorare il suolo o rimanere sollevato. Lo schema è ricorrente soprattutto nei velocisti e nei runner molto esperti che corrono a ritmi sostenuti.

Per adottarlo correttamente è richiesta una forza significativa nei polpacci e nel tendine d’Achille, che generalmente si sviluppa attraverso anni di allenamento specifico.

Le scarpe per questo tipo di appoggio presentano drop ridotto o nullo e privilegiano reattività rispetto ad ammortizzazione massiva.

La pronazione e i suoi eccessi

L’occasione ci è naturalmente utile per parlare della pronazione, che è il movimento naturale di rotazione interna del piede durante l’appoggio, essenziale per distribuire le forze d’impatto.

Un piede che prona correttamente ruota circa 15 gradi verso l’interno, permettendo all’arco plantare di abbassarsi e assorbire lo shock, con un meccanismo che è l’ammortizzatore naturale del corpo, funzionando perfettamente quando rimane entro parametri fisiologici.

In alcuni casi, però, non funziona così.

L’iperpronazione si verifica ad esempio quando la rotazione supera i parametri normali, causando un eccessivo collasso dell’arco plantare e una rotazione interna esagerata della caviglia. Il movimento amplificato si trasmette lungo la catena cinetica, influenzando ginocchia, anche e persino la colonna vertebrale.

A lungo andare, nel runner possono verificarsi sintomi piuttosto sgraditi come dolore alla parte interna della caviglia, fascite plantare, sindrome della bandelletta ileotibiale e dolore femororotuleo. A favorirli sono debolezza muscolare, scarsa flessibilità, affaticamento o, semplicemente, la stessa struttura anatomica del piede.

Di contro, la supinazione, o sottopronazione, è l’estremo opposto: il piede non ruota sufficientemente verso l’interno, concentrando le forze d’impatto sul bordo esterno.

Lo schema della supinazione è meno comune ma potenzialmente più problematico, poiché riduce drasticamente la capacità naturale di assorbimento degli shock. Ecco perché i supinatori sperimentano spesso dolori al bordo esterno del piede, fratture da stress e problemi al tendine d’Achille. La struttura rigida del piede supinatore richiede compensazioni esterne, fornite principalmente attraverso ammortizzazione generosa della scarpa.

Come identificare il proprio tipo di appoggio

Ma come capire qual è il proprio tipo di appoggio? Per scoprirlo esistono diversi metodi, ciascuno con vantaggi e limitazioni.

Uno di questi è l’analisi dell’usura delle scarpe vecchie, che offre indizi preziosi: un consumo concentrato sul bordo esterno del tallone suggerisce l’appoggio tallonato con possibile supinazione, mentre l’usura sulla parte interna indica potenziale iperpronazione. Un’usura uniforme sull’avampiede accompagnata da tallone quasi intatto rivela invece un frequente appoggio anteriore.

Un altro test semplice da fare è quello della camminata bagnata, una prova casalinga immediata: basta bagnare i piedi e camminare su una superficie che lasci impronte visibili. Un’impronta che mostra l’intero piede con ampia connessione tra tallone e avampiede indica piede piatto con tendenza alla pronazione. Un’impronta che mostra solo il bordo esterno con sottile connessione suggerisce arco plantare elevato e possibile supinazione. Un’impronta che mostra una connessione moderata indica arco normale e appoggio neutro.

Evidentemente, è l’analisi video ad essere il metodo più accurato, oggi accessibile anche ai non professionisti grazie all’uso di apposite app per smartphone. In questo caso, basta riprendere la propria corsa posteriormente permette di osservare il movimento della caviglia durante l’appoggio, identificando rotazioni eccessive in entrambe le direzioni. Molti negozi specializzati offrono servizi di analisi dell’appoggio su tapis roulant, fornendo valutazioni dettagliate e raccomandazioni specifiche.

Quale relazione c’è tra appoggio e infortuni?

Tra i principali motivi che dovrebbero spingere tutti i runner ad approfondire la biomeccanica dell’appoggio, c’è il fatto che questa influenza direttamente le probabilità di un infortunio.

I tallonatori con iperpronazione sviluppano infatti con frequenza problemi al ginocchio, e in particolare la sindrome femororotulea causata dalla rotazione interna del femore che aumenta l’angolo Q. La fascite plantare colpisce comunemente questa categoria, quale risultato dello stress eccessivo sull’arco plantare che collassa ripetutamente. La tendinite tibiale posteriore emerge quando il tendine responsabile del controllo della pronazione viene sovraccaricato.

I supinatori affrontano sfide diverse da quelle precedenti, con maggiore incidenza di fratture da stress a causa della ridotta capacità di assorbimento degli shock. Le distorsioni della caviglia sono sicuramente più comuni per l’instabilità laterale del piede supinato. E anche la tendinite achillea colpisce frequentemente questa categoria, conseguenza della rigidità strutturale che trasferisce stress eccessivo al tendine.

Infine, i runner con tipico appoggio di avampiede sperimentano tipicamente problemi diversi, concentrati sulla parte anteriore del piede e sul complesso tricipite-achilleo. Le metatarsalgie, la fascite plantare anteriore e la tendinite achillea sono gli infortuni più comuni, tutti riconducibili allo stress ripetitivo su strutture che lavorano intensamente durante questo pattern di corsa.

Scegliere la scarpa in base all’appoggio

A questo punto non possiamo che aggiungere un importante ulteriore tassello della nostra guida. Ovvero, ricordare che la comprensione del proprio appoggio deve influenzare direttamente la scelta della scarpa appropriata.

Per i tallonatori neutri, le scarpe ammortizzate con drop tradizionale sono in grado di offrire protezione adeguata senza interferire con la biomeccanica naturale. L’ammortizzazione generosa al tallone assorbe infatti l’impatto iniziale, mentre la geometria favorisce la transizione verso l’avampiede.

I pronatori necessitano invece di supporto mediale per controllare la rotazione eccessiva. Le scarpe più stabili integrano materiali a doppia densità sul lato interno dell’intersuola, creando una barriera contro il collasso dell’arco. Il livello di supporto deve corrispondere al grado di pronazione: controllo moderato per iperpronazione lieve, strutture più rigide per casi severi.

I supinatori richiedono invece l’opposto: massima flessibilità e ammortizzazione distribuita uniformemente, senza rinforzi mediali che limiterebbero ulteriormente il movimento già insufficiente. Le scarpe neutre con ammortizzazione generosa sono di norma la scelta ideale, permettendo al piede di muoversi liberamente mentre la schiuma compensa la ridotta capacità naturale di assorbimento.

I runner con appoggio di avampiede beneficiano di drop ridotto che rispetta il loro pattern biomeccanico, evitando di forzare il tallone verso il basso. La reattività diventa prioritaria rispetto all’ammortizzazione massiva, poiché questi runner generano naturalmente maggiore ritorno elastico attraverso i polpacci.

Appoggio e caratteristiche della scarpa: riepiloghiamo

Tipo di appoggioCaratteristiche biomeccanicheScarpa consigliataDrop idealeAmmortizzazione
Tallone neutroRotazione normale 10-15°Neutra ammortizzata8-12mmGenerosa al tallone
Tallone con iperpronazioneRotazione eccessiva >15°Stability/Motion control8-12mmCon supporto mediale
Tallone con supinazioneRotazione insufficiente <10°Neutra cushioning8-12mmUniforme e generosa
MesopiedeAppoggio simultaneoNeutra versatile4-8mmBilanciata
AvampiedeContatto anterioreLeggera reattiva0-6mmModerata, reattiva

Come cambia l’appoggio nel tempo

È infine importante sottolineare come l‘appoggio non rimane necessariamente costante nel tempo.

Molti runner, infatti, sperimentano gradualmente delle modifiche naturali dello schema biomeccanico con l’accumulo di esperienza e forza muscolare.

I principianti, per esempio, tendono verso appoggi di tallone marcati, mentre l’allenamento progressivo può favorire transizioni verso pattern più anteriori, specialmente durante corse veloci. Il fenomeno non deve affatto essere forzato attraverso cambiamenti drastici di calzatura, ma deve essere rispettato mediante transizioni graduali che permettano agli adattamenti muscoloscheletrici necessari.

Meglio insomma ascoltare il proprio corpo, monitorare eventuali dolori emergenti e procedere con pazienza verso modifiche che rispettino i tempi fisiologici di adattamento.

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Immagine di Roberto Rais

Roberto Rais

Copywriter, consulente editoriale ed esperto di digital PR, è appassionato di attività outdoor, sport e corsa. Lavora con il team UltraTrail dalla fondazione del progetto.